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La piscina nell’immaginario collettivo contemporaneo, après Sue Spaid

 

 

La piscina irrompe nei media come status symbol e  affermazione del modello

di benessere  Americano già dalla fine degli anni Cinquanta.

Nei romanzi di Raymond Chandler  e nei Film Noir che ne sono scaturiti,

la presenza della Piscina sottolinea la differenza di classe dal  West  

all’East  Sunset  Boulevard  di Los Angeles, arteria fondamentale che

si estende per tutta la megalopoli-mecca del cinema americano.

Spesso accade che l’eroe-chiave dei romanzi di Chandler, l’investigatore

privato Marlowe, si imbatta in cadaveri galleggianti nelle lussuose piscine

delle mitiche ville di Malibù o di Pacific Palisades, al centro di intrighi

multimilionari in dollari.

Ma è con  “Un uomo a nudo”  (“The Swimmer” nel titolo originale)  del 1968,

di Frank Perry,  tratto dal racconto “Il Nuotatore” di John Cheever,  

Il Nuotatore, Edizioni Fandango,  che il cinema compie il supremo tributo

alla piscina  come  nuovo ineluttabile elemento architettonico, urbanistico

ed esistenziale.

Nel libro e nel film, un giovanotto ( Burt Lancaster nel film)  attraversa tutta

Los Angeles nuotando da una piscina  all’altra e in questo modo è come se

attraversasse tutta la sua vita, incontrando di nuovo la sua ex fidanzata e

rivedendo fatti e personaggi del suo passato.

Nelle Arti Figurative, negli stessi anni, un pittore di origine inglese approda

in California  e ai suoi  occhi europei si presenta un nuovo modello di vita.

Le tele e le foto di David Hockney  del periodo californiano esplodono in

tutte le possibili declinazioni della  Piscina, con il suo implicito carico di

corpi nudi, bizzarri cappelli e fogge estive e vacanziere.

 

Non sorprende che nell’attuale espansione di nuovi e possibili scenari per

l’arte, la Piscina  stessa, da Soggetto Rappresentato, diventi il Set che

ospita e fa da cornice alle pratiche di sperimentazione  degli artisti contemporanei.

Nella contraddizione che rappresenta, oggetto di desiderio per un posto al sole

riservato a  pochi e  illusione di  ambiente naturale in realtà altamente sintetico,

la sfida che si pone agli  artisti è di saper incidere con un personale linguaggio

poetico su un elemento così fortemente  caratterizzato.

Data da sempre la natura sociale dei processi che definiscono e trasformano

i canoni artistici,  è necessario comprendere come i valori, i rituali, i miti espressi

dalla società precipitano nella  configurazione dell’ immaginario collettivo

della modernità.

L’immaginario collettivo viene sempre più vissuto, anche individualmente,

come territorio della mente che si concretizza nello spazio metropolitano,

cioè nei luoghi collettivi condivisi, come lo é la Piscina.

La fase attuale dell’immaginario collettivo, così esasperatamente sinestesico,

è quella che lo riconosce come il vero protagonista dell’evoluzione espressiva.

L’elaborazione concettuale operata dalle avanguardie ha dato a movimenti artistici

diversissimi  tra loro, ma conviventi e artisticamente autolegittimati, la capacità

di andare oltre a qualsiasi  distinzione di genere.

Tuttavia, è proprio in questo ambito che l’ “alternativa immaginaria” degli artisti e

dei fruitori  sembra trovare un varco, un interstizio da colmare, una strada da

percorrere.

In primo luogo, è necessario riconoscere il vigore innovativo delle tecnologie 

(riguardante la  Storia dell’uomo e del suo rapporto con il mondo)  e la parte

da esse svolta nel decretare  mutamenti sociali ed antropologici 

(di tipo percettivo, cognitivo, culturale, comunicativo).

La strada da percorrere è quella capace di vedere nelle tecnologie un elemento

del sistema  Artistico, in funzione della creazione. La produzione di forme inedite

avviene secondo un  circolo ricorsivo di reciproche perturbazioni e compensazioni.

Il discorso sull’arte e la sua materialità non può prescindere dal considerare

il sopraggiungere  delle tecnologie dell’immagine, del suono, della spazialità,

poiché i media hanno generato un  campo di interferenze che ha scompaginato

gli assetti tradizionali dell’artistico e dell’estetico.

Dopo  Pool Side  a Miami di Sue Spaid nel 2006, l’ipotesi  viene ancora avanzata

qui in questa Piscina, dunque,  e concerne le modalità del  fare  e del  “fruire” 

l’opera d’arte, secondo nuove procedure del  “sentire” che non compromettono,

anzi  potenziano, alcune delle dinamiche attraverso cui l’arte riesce oggi a

comunicare le  proprie osservazioni.

Patrizia Giambi

2008