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http://youtu.be/3wGh_3x5wQ4  Video girato durante il finissage della mostra "Effetto sorpresa" di Patrizia Giambi alla galleria Melepere 

 

testo in catalogo per la personale/ for the solo

patrizia giambi

effetto sorpresa (fare presto!)

melepere arte contemporanea, verona

by Patrizia Silingardi 2011

Quando agli esordi, nel 1991, Patrizia Giambi concepiva una delle sue opere più importanti, - “Senza Titolo”, in cui l’ombra delle lettere che compongono la parola sedia proiettava in effetti all’indietro la silhouette dell’oggetto che designava, l’archetipo cui l’intervento volevasi addurre come omaggio (seppur nel caso manchevole del riferimento oggettuale) era la triade onnipotente concepita dal maestro Kosuth, non senza decretare l’adesione all’avanguardia concettuale, soprattutto nella consapevolezza di come il costrutto e lo spessore mentale, ciò che latente, alluso, celato alla vista sia di molto fondamentale nella creazione dell’opera estetica.

Ma già si intuiva come in quell’ombra, sostanza mercuriale di dubbia definizione, ora declinata in qualcosa di instabile e dinoccolato, impreciso e quotidiano, l’apologia del lucido distacco, del rigore e dell’impersonalità che aveva distinto la ricerca sul Concetto si volgeva piuttosto ad una solitaria riflessione contemplativa, un delicato ed introspettivo misticismo agostiniano per cui la nominazione  delle cose doveva avere una profonda attinenza con la forma stessa con cui esse si manifestano in natura[1].

Da qui, oramai passato un ventennio, tra le accrezioni più persistenti formatesi nella sua carriera, quella di una lettura biografica o autobiografica appare senza dubbio la più paradigmatica ed eloquente, soprattutto constatando la ripetuta accezione sensualistica, sentimentale ed organicista con cui Patrizia Giambi pervade molta parte delle sue creazioni[2].

E dunque, di volta in volta contestando con tenacia dapprima  le glaciali leggi della fisica e dello spazio , talvolta avvalendosi di materiali hard o attingendo ai paradigmi della psicolinguistica, per poi giungere ad una appropriazione talvolta ludica ed infantile della fisiologia umana, l’artista pur sempre elude la statica immobilità cadaverica dell’opera immettendo sovente un’indescrivibile assenza, un dilettevole pulsare, un animismo e un gorgogliare soft ad onta dell’accidentalità e dell’effimero che riguarda lo sfogo lirico e il turbamento personale.

Ciononostante, il pericolo latente di una soverchia effusione sentimentale è pur sempre temprato dall’assunzione di strumenti della tecnologia e dell’elettronica che pure digradano in marchingegni da bricolage domestico e anche in istrionici manufatti craft di surreale ingegneria.

Nel merito dell’archiviazione classificatoria e della cronaca esistenziale, “Effetto Sorpresa (fare presto!)” è un progetto antologico che racchiude ognuna di questi costanti estetiche, esibendo l’urgenza narrativa e la comparazione oggettuale di cui si avvale come simulacro, cosa senziente, rimembranza, sospensione di sofisticati esiti mentali  aditi allo scongiuro dell’oblio e della dissoluzione.

Nel tentativo di racchiudere l’incommensurabile in una stanza, l’istallazione è però anche in divenire,  includendo un ultimissimo lavoro all’apparenza informale: (“Codice del poco”, 2011, acetato, smalto per unghie, cm 230x43 overall), dove reperti di maquillage di appartenenza materna, sono resi come sopra giganteschi vetrini di citologia (neanche a dirlo: dal greco kytos = “contenitore” e logos = “studio”). Come prassi da laboratorio scientifico di biologia cellulare, le cromie, gli smalti, sono ora sottoposti a scrupolosa osservazione il cui  fine forse è svelare la “morfologia della mancanza”, “la sintassi dell’abbandono”, “l’effige dell’amore materno”, l’arcano insieme della liquidità e della materia; costatandone lo spessore, la vischiosità, le possibilità transustanziali e l’inevitabile inadeguatezza di rappresentazione[3].

patrizia silingardi

[1] “Quando [gli adulti] nominavano qualche oggetto, e , proferendo quella voce, facevano un gesto verso qualcosa, li osservavo, e ritenevo che la cosa si chiamasse con il nome che proferivano quando volevano indicarla (…) Così, udendo spesso le stesse parole ricorrere, al posto appropriato, in proporzioni differenti, mi rendevo conto, poco a poco, di quali esse fossero i segni, e, avendo insegnato alla lingua a pronunziarle esprimevo ormai con esse la mia volontà.” SANT’AGOSTINO, Confessionum libri XIII, Libro Primo.8.13 (397/401).

[2] “È come se nel DNA degli oggetti e degli organismi fosse inserito dall’artista un coefficiente soggettivo di alterazione che permette loro di prendere direzioni, scopi, e funzioni deviate, che scartano dalla prevedibilità dei codici interpretativi.” SILVIA GRANDI, Patrizia Giambi, Il Grande Cuore (2004).

[3] “Il compito della scienza non è quello di attaccare gli oggetti della fede, ma stabilire i limiti oltre i quali la conoscenza non può andare e di fondare una coscienza di sé unificata entro questi limiti.”RUDOLF LUDWIG KARL VIRCHOW, La patologia cellulare nella sua fondazione dall’istologia patologica e fisiologica (1858).