Dentro di me
by Silvia Grandi for the show at the Casabianca space, 2010
Nel tempo attuale, caratterizzato da uno stato di leggerezza e fluidità,
di continua mutazione, di nomadismo, anche la condizione esistenziale
assume un senso di continua e mutevole incertezza. Patrizia Giambi
non si discosta da questa modalità di sentire e di vivere la propria
condizione di artista, facendola entrare esplicitamente nel suo lavoro,
luogo privilegiato per dar voce al percorso personale e di vita portato
avanti da oltre due decenni.
La casa come emblema di una condizione instabile e precaria, in cui i
luoghi si susseguono dalle due parti dell’Oceano Atlantico, in una
miriade di case che raccontano dei frammenti dei suoi incontri,
delle situazioni private e non, dei suoi ricordi e delle sue esperienze
di arte e di vita, era già evidente nel lavoro fotografico presentato
nella collettiva che ha inaugurato Casa Bianca.
Un percorso artistico, contraddistinto da passaggi, attraversamenti,
cambi improvvisi di residenza e di stato, iniziato negli anni Ottanta
assieme a Maurizio Cattelan in quel famoso Palazzo del Diavolo di
Forlì, divenuto la fucina e la sua prima “casa d’arte”, e lasciato non
senza dolore alla fine degli anni Novanta. Di questo luogo ci
rimangono solo i famosi “strappi” dai muri, esposti nella mostra
personale del 2000 allo Studio Ercolani di Bologna, quali testimoni
silenziosi e nostalgici, intrisi simbolicamente della sua storia di donna
e di artista. La casa come emblema e icona del suo percorso
esistenziale nomadico e instabile, e dell’intreccio tra arte e vita che
ha contraddistinto molta della sua produzione, appare di nuovo in un
lavoro del 2006, il video Roly Holy Over, più volte inserito nella
rassegna Videoart Yearbook, e da cui sono tratte le otto fotografie
presenti in questa mostra.
Ma l’immaterialità del video e la leggerezza della fotografia, non
sembrano sufficienti oggi a Patrizia Giambi. In questa mostra l’artista
accosta a queste opere il nuovo lavoro Dentro di me (2010), che,
plasticamente materializzato nel ferro, nell’acciaio e nel fuoco, si pone
come un simbolo apotropaico e protettivo, un totem che porta con sé
l’energia pura delle fiamme, in una sorta di rito collettivo che si
consuma all’interno della galleria. Le fiamme divampano sia nella
piccola casa-scultura sia nella casa ideale che è dentro di lei,
evocando un’energia interiore capace di opporsi simbolicamente
alla distruzione e alla cancellazione del suo vissuto di donna e di artista.
28 novembre 2010 Silvia Grandi