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domusweb 02. Apr. 2007
La mappa del tesoro
da Domus 901 marzo 2007
Con Millemiglia (1997) Patrizia Giambi opera uno spostamento di intervento dall’ambiente naturale al tessuto metropolitano.La sua pittura clandestina di strisce pedonali nelle città si configura come azione di modifica del paesaggio urbano e mette in crisi lacircolazione burocratica e l’idea stessa di funzionalità all’interno del codice condiviso
Una domenica mattina dell’ottobre del 1969, Robert Smithson,
in occasione di una mostra personale alla galleria L’Attico
di Roma, realizza Asphalt Rundown: una colata di asfalto in
una cava di selce.
Dopo 38 anni, Sue Spaid e Patrizia Giambi vanno alla ricerca
di ciò che è rimasto di questo lavoro dimenticato.
Testo di Patrizia Giambi.
Ciò su cui voglio riflettere è il fenomeno per cui la superficie del
pianeta è largamente rivestita del proprio interno. Il costante
trapasso interno/esterno assume, via via, forme e segni diversi.
In pratica, cambiano le culture, ma non gli elementi che le
compongono. L’asfalto, materiale dalla fortissima personalità
oggi connotata negativamente, è presente in grande quantità
nel sottosuolo e sin dall’antichità è conosciuto per costruire e
fertilizzare: dalla civiltà degli assiro-babilonesi per i famosi
giardini pensili; dagli spagnoli in Sudamerica; e lo ritroviamo
anche in pittura sicuramente fino a tutto il Settecento.
Il 9 gennaio 2005 con Sue Spaid ho localizzato il luogo esatto
teatro di Asphalt Run Down, opera di Robert Smithson realizzata
nel 1969 in un sobborgo di Roma. Il luogo è una cava di selce.
Sottolineo subito che anche la selce è un materiale estrattivo
usato soprattutto per rivestimenti stradali e in edilizia.
Sue Spaid ed io non abbiamo rinvenuto la colata di asfalto.
Ovviamente, negli anni l’asfalto si è disintegrato, ma sul versante
dello scavo su cui fu performata l’opera abbiamo trovato invece
una rigenerazione vegetale della medesima superficie e la forma
della colata immortalata in fotografia, circondata dal terreno nudo.
In assenza di dichiarazioni dell’artista, posso ipotizzare che il
lavoro si pone come ordinatore o ri-ordinatore del tessuto del
suolo nella sequenza pietra-selce-durezza-asfalto-viscosità-
vegetale-aria-luce, e posso notare che uno dei suoi risultati è
di aver fertilizzato il suolo.
Trent’anni anni dopo quel 1969, io stessa ho subito il fascino
dell’asfalto in quanto materiale organico e inizialmente l’ho
utilizzato nel significato negativo veicolato nella contemporaneità.
Nel 1996 nella mia mostra “Burning Colors” alla Lasca Gallery di
Los Angeles ho presentato 54 orsacchiotti imbevuti asfalto,
con un occhio all’organizzazione sociale e al sistema di valori
fortemente edulcorato della società americana. Ma non mi è bastato.
Il senso di collasso imminente che avverto nel mondo occidentale
mi ha spinto a cercare nuovi passaggi, ad attraversare la strada,
verso Atlantide. Sono intervenuta direttamente sul paesaggio
urbano, sull’asfalto delle città. Ho dipinto vere strisce pedonali,
ma clandestine, di notte, con altre persone o gruppi (Ravenna,
Forlì, Bologna, Genova, Milano, Nizza, Amsterdam e Los Angeles).
“(Giambi) impiega una convenzione per ottenere un rallentamento e
un nuovo passaggio, effettivamente utilizzabile” scrive Giorgina
Bertolino, “la mattina seguente qualcuno userà le strisce dipinte di
fresco fino a quando non saranno individuate come abusive….
L’operazione (…) non è volta alla registrazione analitica dei
cosiddetti comportamenti viabili, ma a una loro alterazione provocata
dall’interno del codice. Oggetto di tale provocazione è l’idea stessa
di funzionalità e soprattutto del suocoincidere esclusivo nella norma.
Le strisce clandestine, quelle cioè che non appartengono alla
geometria della circolazione burocratica, sono allora delle trappole
semantiche perché mettono in crisi la lettura
della forma codificata facendola inciampare nella funzione”.
(Zebra Crossing, a.titolo di edizione, Torino, 1998, pp 45/46)
La colata informe e la geometria delle strisce fatalmente
svaniscono, agisco in una sorta di archeologia del presente,
nell’ambiente selvaggio a caccia delle vestigia dell’opera di
Smithson e forse un giorno a caccia
di strisce pedonali clandestine nei centri urbani.
Patrizia Giambi
2007